April 18, 2016

Primark. Il Low-Cost, Fast Fashion Che Fa Male.


Di solito non mi occupo di argomenti sociali e ambientali ma il nome Primark mi fa sempre ' accapponare la pelle' - anche H&M ad essere onesti per le ragioni che vi spieghero' a breve. Questo post, il suo titolo e la foto di apertura sono volutamente provocatori visto che ci sono tematiche che per catturare l'attenzione devono essere trattate in maniera forte e chiara, oltre che argomentate come si deve. 

Sono settimane che l'apertura del primo Primark in Italia, ad Arese, ha mandato in visibilio non solo gli appasionati di shopping ma anche chi ne scrive, per i bassissimi prezzi, l'opprtunita' di poter avere capi nuovi e trendy ogni settimama e poter permetterselo. Non ho letto UN articolo, o UN post e nemmeno UNO stato sui social media che si chiedesse come possa un'azienda fare fatturato vendendo jeans a €10 senza andare a fondo alla questione. Il sito aziendale Primark ne da' una spiegazione ufficiale, ma i veri meccanismi dietro a questo marchio che e' il sogno di ogni shopaholic, sono ben altri e dannosi per tutti gli ingranaggi coinvolti in questa velocissima macchina del low-cost, clienti compresi, oltre che l'ambiente e la manodopera. 

Prima di elencare perche' Primark e' dannoso, premetto che le mie opinioni non sono frutto di snobismo e superiorita' - moda firmata contro high street - e chiarire che non sono agiato abbastanza da evitare il fast fashion, ma compro poco, scelgo con attenzione, tratto bene capi ed accessori affinche' durino, sono fortunato nel lavorare per River Island e poter usufruire del 50% di sconto sugli acquisti del marchio (compro comunque 1 o 2 capi al massimo al mese e soendo non piu' di €50) e pur avendo un Primark a Brighton non ci metto piede da 3 anni.


Ecco perche' Primark fa male.

Primark fa male alla psiche di chi ci fa shopping perche' circondati da tanta roba a poco prezzo si rischia di cadere, se gia' non lo si e', nella forma mentis dell'accumulo, del consumismo sfrenato ma sopratutto di entrare nel tunnel mentale dell'usa e getta: 'compro a iosa, tanto e' economico e se si rovina o mi stufo, butto tutto e ricomicio', 'compro a iosa, tanto e' economico e la prossima settimana lo rifaccio di nuovo, non ripetendo l'outfit precedente, visto che me lo posso permettere'.
Di armadi pieni di roba quasi o mai messa gia' ce ne sono in tutte le nostre case. Primark non fa altro che alimentere e accellerare la smania di acquisti e la mania di 'raccattare' il piu' possibile al minor costo. Se pensate di essere mentalmente forti dal resistere ad acquisiti compulsivi e allettanti, fate un esperimento e mettetevi alla prova da Primark: vi assicuro che le prime volte soccoberete e farete incetta della qualunque. Un paio di volte ci sono cascato anche io, ma poi mi sono fermato a riflettere sull'assurdita' di fare shopping come uno zombie e Primark non mi ha piu' visto.



Primark fa male all'ambiente in quanto per guadagnare dalla vendita di capi low cost ne deve vendere in quantita' enormi e altrettando enorme, in termini numerici, ne e' la produzione, con dispendio di materie prime e acqua, non sostenibile a lungo termine e con impatto ambientale anche dopo la vendita. Che fare dei capi low cost accumulati in casa, rovinati e non? Vanno nella spazzatura e in discarica. 
Qui collego anche H&M e il progetto World Recycle Week di questa settimana, abile iniziativa di marketing e 'greenwashing' del marchio svedese, che ha messo su una campagna per spingere tutti noi a riciclare i capi che non vogliamo in negozio in cambio di uno sconto del 15% sui futuri acquisti, incentivando a consumare ancora di piu'. Peccato che i conti non tornino se analizziamo criticamente i numeri che l'iniziativa millanta.
Riciclare una t-shirt fa risparmiare 2000 litri d'acqua. Io penso sia ancora meglio produrre una maglietta in meno e risparmiare tutta quell'acqua a priori: visto che individualmente non possiamo chiedere a H&M di produrre meno, da consumatori possiamo pero' non comprarla quella maglia.  Maggiori dettagli in quest'articolo del Guardian.


Primark ha fatto male alla sua manodopera. Il 24 aprile 20013 crollo'il Rana Plaza in Bangladesh, un laboratorio di otto piani, che produceva tra i suoi marchi anche e sopratutto Primark, uccidendo 1129 persone e ferendone 2500.
Questa tragedia ha messo in luce le scarse condizioni di sicurezza in cui i suoi lavoratori operavano oltre ai bassissimi salari che ricevevano. Molto si e' fatto da allora, Primark ha pagato e sta pagando compensi alle famiglie coinvolte, che hanno subito lutti o danni fisici a lungo e breve termine, sono stati avviati protocolli per la messa in sicurezza e controlli periodici dei laboratori, ma stando agli utlimi sviluppi, ancora c'e' un bel po' di strada da fare per la messa in sicurezza e salari adeguati. 

Queste somo le mie argomentazioni sul perche' il low-cost, fast fashion di Primark fa male e questo post non e'  un invito a boicottare il marchio ma un invito ad essere consapevoli di cosa si sta comprando e di quali meccanismi si celano dietro a tanto bendidio.

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